Viviamo in un’epoca in cui il design è accessibile a tutti: proposto e riproposto da influencer, disponibile online su centinaia di piattaforme. Anche i non addetti ai lavori oggi riconoscono le icone senza tempo più di moda: lo specchio Ultrafragola, la poltrona Wassily, solo per citarne un paio. Comprare l’originale a volte sembra essere l’unico modo legittimo per ottenere uno status, rientrare nella cerchia di chi si può permettere un pezzo iconico ed evitare la vergogna di doversi accontentare di un’imitazione. Ma deve per forza essere così? Nel mio caso, ho scelto consapevolmente una sedia ispirata alla Pi Greco di Tobia Scarpa – la Sedia Borgogna – e l’ho trasformata senza il minimo senso di colpa o di vergogna. Anzi, con una certa soddisfazione.
Gli originali sono belli, ma inesorabilmente uguali
Le sedie iconiche – quelle firmate, celebrate, fotografate in ogni rivista di interni – hanno un fascino innegabile. Ma quando le vedi e rivedi ovunque, perché è il momento del loro revival, e qualsiasi influencer di interior sceglie esattamente gli stessi pezzi per arredare casa, qualcosa si perde. L’originale, per quanto perfetto, è spesso anche ingabbiato nella propria aura. Intoccabile. Immodificabile. Uguale a sé stesso ovunque lo si trovi.
Una riproduzione, al contrario, ti libera da quella soggezione. Ti permette di guardarla come un oggetto vero, vivo, trasformabile. Non hai paura di rovinarla se ci aggiungi qualcosa, se la dipingi, se la smonti e ricombini. È un approccio creativo, personale, che a volte si sposa molto meglio con l’abitare contemporaneo. (E non ti dà la sensazione di avere la stessa casa di altre decine di persone)
Se ami i mercatini, questa libertà è ancora più preziosa
Se sei tra quell* (come me) che girano per mercatini, rigattieri, cantine in cerca di pezzi unici, sai quanto sia difficile distinguere un originale da una buona ispirazione. A volte ti chiedi: “Questo sarà una sedia Wassily autentica o solo qualcosa che le somiglia?” E spesso non hai la risposta.
Ma qui sta il punto: non sempre serve saperlo.
Perché se quel pezzo ti emoziona, ti ispira, funziona nel tuo spazio e nella tua visione, allora ha già valore. Che sia uscito da una fabbrica storica o da una bottega anonima non cambia il fatto che tu ci vedi del potenziale. (Certo però, assicurati prima che chi ti vende quel pezzo non ti stia truffando!)
E quando sai che non è un originale, ti senti anche più liber* di:
- ridipingerlo senza rimorsi,
- tagliare via una parte che non ti convince,
- usarlo in modo nuovo, strano, personale.
Una copia può diventare irripetibile, mentre l’originale – per quanto perfetto – resta uguale a sé stesso ovunque lo metti. E spesso costa troppo per sentirti davvero libero di metterci mano.
Libertà creativa e unicità
Nel caso della Sedia Borgogna, ho potuto scegliere un colore diverso, modificarne alcuni dettagli, renderla davvero su misura per la persona che l’ha scelta. E in quel momento, non era più una “copia”: era un pezzo unico, una reinterpretazione, e al centro non c’è più il designer ma la persona che la vive. Come un remix ben fatto di una canzone celebre.
Ecco il punto: una riproduzione ti dà il diritto di osare. Di non sentirti legato al mito, ma liber* di costruire il tuo stile. E paradossalmente, è proprio lì che si crea il vero design: non nella venerazione passiva, ma nell’uso attivo, quotidiano, personale degli oggetti.
Questione di rispetto – non di firma
Scegliere un mobile “ispirato” non significa mancare di rispetto al design originale (chiaramente se si parla di oggetti vintage ispirati e non nuovi e contraffatti, quello è un discorso diverso). Al contrario, può essere un modo per riconoscerne il valore e allo stesso tempo affermare il proprio gusto, il proprio sguardo. Soprattutto se quella scelta è fatta con consapevolezza, e non solo per risparmiare.
Perché se è vero che un oggetto può avere valore per chi l’ha disegnato, è altrettanto vero che ha valore anche per chi lo vive.

